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Le proprietà fondiarie della diaconia romana di S. Maria in Cosmedin nel secolo VIII. Una lettura dell'epigrafe di donazione dei fratelli Eustazione e Giorgio

A cura di A. Iannello - pubblicato in in "Archeologia del Mediterraneo", Roma - 2000

Introduzione

La monumentale epigrafe collocata presso gli stipiti del portale principale di S.Maria in Cosmedin, può essere considerata alla stregua di uno spiraglio di luce sul panorama socio politico di Roma altomedievale. Nella generale scarsità di fonti di prima mano per il periodo in oggetto,essa fornisce spunti di diverso tipo in merito al ruolo del papato agli albori di una dichiarata e consapevole assunzione su di se' di potere temporale.

L'epigrafe

epigrafe.gif

Trascrizione Prima parte (su supporto marmoreo in tre pezzi):

+ HAEC TIBI PRAECLARA VIR
GO CAELESTIS REGINA S(an)C(t)a SV
PEREXALTATA ET GLORIOSA D [O]
MINA MEA D(e)I GENETRIX MARIA
DE TVA TIBI OFFERO DONA EGO
HVMILLIMVS SERVVLVS TVVS
EVSTATHIVS INMERITVS DVX
QVEM TIBI DESERVIRI ET HVIC
S(an)C(t)AE TVAE DIAC(oniae) DISPENSATO
REM EFFICI IVSSISTI TRADENS
DE PROPRIIS MEIS FACVLTATI
BVS IN VSV (i)STIUS S(an)C(t)AE DIAC(oniae) PR[O]
[S]VSTENTATIONE XP(ist)I PAVPER(um)
[E]T OMNIVM HIC DESERVIENT[I]
VM DIACONITAR(um) OB MEORVM
VENIAM DELICTORVM HAEC
INFERIVS ADSCRIPTA LOCA ID(est)
FVND(um) POMPEIANV(m) CVM CASIS ET
VINEIS FVNDOR(um) TREA SCROFA
NV(m) ET MERCVRIANV(m) SEV CAMPIS
CVM CASIS ET VIN(eis) SEV OLIBETIS
FVND(um) ANTIQ(uum) VNC(iarum) IIII SEM(is) CV(m) CASIS
ET BIN(eis) NEC NON HOLIBETIS SI
MVL BINEAS QV< I > SVN< T > IN PORTIS
TABVLAS VI + ITEM ET EGO GE
ORGIVS GLORIOSISSIMVS OFFERO
VNC(iarum) III FVND(um) ANTICV(m) CVM CASIS
ET BINEIS SEV OLIVET(is) FVND(um) AGELLII
IN INTEGRO CVM OMNIB(us) AD SE P< er >TINEN< t >I
B(us) QVOD VISVS SVM EGO QVI SVPRA
OFFERERE VNA CVM GERMANO MEO
...CAVIT
 

Trascrizione seconda parte (su supporto marmoreo in due pezzi):

ET BV //// NEC NON //// ET
BINEAS QVI SVN< T > IN PINCIS BERS
VR(arum) III SEV ALIAS V BERSVR(arum) B
VBARICAS QVI SVNT IN FVNDO AR[I]
ANI CVM CASIS ET BIN(eis) SIMVL V
BERSVRAS IN S(upra) S(crip)TO FVND< O > QVOD D[A]
TA SVNT AB EREDIB(us) GERMANA[E]
MEAE MOLA QVEM DATA EST
AB ERED(ibus) PAVLI IVXTA EAD(em) D[EI]
III VNCIAS MOLAE QVI DATA(e) < SVNT >
BINEAS TABVL(arum) XI QVI SVNT IN
AGERE IT(em) BINEAS TABVL(arum) IIS QVI SV
N< T > TESTACIO NEC NON TABVL(as) XVIII
SVNT IN S(an)C(t)O GORDIANO NEC NO[N]
TABVLAS II Q SVNT IN S(an)C(t)O E
VPLVM DE BERO DIPTIC(o) P(resbiter)
QVI PRO TEMP(ore) FVERIT FACI(ens)
QVOTIDIANA MISSA ACCIPIAT A PA
TRE SOLID(os) III ET SI QVIS PRES
VMPSER(it) TAM DE HIS LOCIS Q
VE A ME OFFERTA SVNT ET OR
DINATA BEL A CETERIS XRI(sti) ANIS
OBLATA SUNT BEL IN POSMOD [VM]
OFFERTA FVERINT AB VSV
ET POTESTATE HVIVS S(an)C(ta)E DIAC(oniae)
ALIENARE AUT MONITZIONEM
EXINDE CVI QVAM FACERE
SCIAT SE DISTRVCTVS RA
TZIONES REDDITVRVM
ESSE EIDEM DEI GENETRI
CIS IN FVTVRO IVDICIO INSVP
ER ANATHEMATIS BINCVLO
SIT INNODATVS ET A REGNO D(omin) I
ALIENVS ATQVE CVM DIABVLO
ET OMNIBVS IINPIIS AETERN
{N}O INCENDIO DEPVTATVS
 

Prima parte: traduzione libera.

+ Queste cose a te o Vergine celeste, regina santa e molto venerata
gloriosa signora mia, Madre di Dio, Maria io ti offro.Io umilissimo servo tuo
Eustazio, duca senza meritarlo; perchè tornino utili a te e a questa tua santa
diaconia che al dispensator hai ordinato di radunare attingendo al mio patrimonio a vantaggio di codesta santa diaconia,
per il sostentamento dei poveri appartenenti a Cristo e di tutti coloro
che reggono la diaconia; per ottenere il perdono per i miei delitti (offro) questi
luoghi segnati qui di seguito.
Il “fundum Pompeianum” con le abitazioni e i vigneti, dei fondi “Trea Scrofanum” e
“Mercurianum”, con campi e vigneti e abitazioni , come anche oliveti. Il
“fundum Antiquum” di IV uncie e mezzo con abitazioni e vigneti, e anche
oliveti insieme alle vigne che si trovano in Portis... VI tabule.
+ E così anche io gloriosissimo Giorgio , offro III uncie del “fundum Antiquum” con
abitazioni vigneti e oliveti. Il “fundum Agelli” (lo offro) per intero insieme
a tutto ciò che vi insiste. Sicchè sia chiaro che io col fratello mio abbia offerto...
 

Seconda parte: traduzione libera

.....e i vigneti che si trovano “in Pincis” per (l'estensione) di tre
bersure ; e ancora altre cinque bersure bubariche che si trovano nel
“fundum Ariani” unitamente ad abitazioni e vigneti; con anche cinque bersure
site nel “fundum” soprascitto e che sono offerte dagli eredi di mia
sorella . Una mola che è offerta dagli eredi di Paolo presso questa stessa
(diaconia?) di Dio, tre uncie di mola che sono offerte , vigneti di due tabule
che sono “in agere” fino ai vigneti di “IIS
tabule” che si trovano al Testaccio; così pure diciotto tabule che si trovano in San
Gordiano; così pure due tabule che si trovano in S. Euplo. E
direttamente,per il dittico, il prete che celebrerà quotidianamente la santa
messa, riceva tre solidi da parte di mio padre .
E se qualcuno pretendesse sottrarre alcunchè di questi luoghi che da me sono
offerti e ordinati,oppure offerti da altri cristiani o che in qualunque modo
siano stati offerti
per uso di questa santa diaconia, e volesse por condizioni, sappia (questo
qualcuno) che dovrà rendere conto di ciò nel giorno del giudizio finale, alla
Madre di Dio; e sia stretto nel nodo dell'anatema, privo del regno di Dio e
destinato, lui con tutti gli empi e col diavolo, al fuoco eterno.
 

Descrizione e motivi d'interesse

L'iscrizione si presenta in lettere latine, su cinque lastre di marmo bianco di diversa altezza ma di uguale larghezza (marmo reimpiegato). Le lastre sono riunite a formare due iscrizioni distinte di m 2.20 ciascuna di altezza (l'una formata da tre lastre e l'altra da due).
Le due iscrizioni sono poste ai due lati del portale maggiore della basilica romana di S.Maria in Cosmedin, e risultano in buono stato di conservazione eccetto che per il primo rigo della seconda iscrizione e per quelle lettere incise in corrispondenza delle linee di giunzione,inferiore e superiore, della lastra centrale della prima iscrizione. Entrambe le iscrizioni evidenziano una disposizione complessivamente ordinata delle lettere e delle righe, anche se la prima ha righe più ravvicinate nella sua parte inferiore.
In generale si hanno righe più spaziate nella prima iscrizione e più ravvicinate nella seconda; la prima iscrizione si compone di 31 righe con lettere molto tendenti al quadrato e la seconda iscrizione si compone di 36 righe con lettere dalle stesse caratteristiche di cui sopra..
Il testo è suddiviso in due parti distinte a mezzo di una croce latina apicata all'inizio di ciascuna delle parti.
Piuttosto diffuso è l'uso di nessi (quasi sempre con sopralineature) e abbreviazioni sia per contrazione che per caduta.
Nell'impostazione generale esterna e per i contenuti, nonchè per il luogo dove venne ostentatamente collocata, l'epigrafe (si intendono entrambe le lastre) può essere riguardata quale esempio di “charta lapidaria” medievale .
Vi si elencano una serie di donazioni fondiarie a favore della diaconia romana di S. Maria in Cosmedin , da parte soprattutto dei due nobili fratelli Eustazio e Giorgio e di alcuni altri personaggi in probabile rapporto di parentela con loro.
Ai fini della datazione del monumento, è preziosa la menzione del titolo di cui si fregia uno dei due fratelli: Eustazio dice infatti di essere “duca”. E proprio questo titolo, unitamente alle caratteristiche esterne e paleografiche dell'iscrizione, ha permesso di identificare in Eustazio il “dispensator” della diaconia ai tempi di papa Stefano II (752 - 757) e ad un tempo l'esponente più alto dell'aristocrazia militare romana del periodo.
Ma non sono soltanto di natura politica i motivi d'interesse del testo in oggetto: oltre a testimoniare alcuni aspetti dell'origine di un certo tipo di potere temporale del papato nella Città e nel territorio circostante, a causa dei legami tra Eustazio e il papa Stefano 9 , l'epigrafe offre una messe di dati topografici di grande interesse per la storia del suburbio e del territorio urbano.
Non solo per i molti “fondi”citati nel testo, qualcuno offre buone possibilità di identificazione, ma dall'insieme dei siti e delle notizie accessorie che li accompagnano, può condursi qualche riflessione utile alla comprensione di certi fenomeni economici tipicamente medievali come, per esempio, l'economia di tipo curtense.
Molto interessante dicevamo, è il quadro (sia pure scarno) che si può ricavare dalla descrizione offertaci per i fondi donati alla diaconia: tutti risultano variamente abitati e coltivati con le tre tipiche colture mediterranee (ulivo, vite e grano), nonchè serviti da mulini che vengono anch'essi offerti in dono in qualche caso.
La donazione quindi si configura non solo come un'offerta di beni fondiarii semplicemente, ma anche come offerta di un'insieme di cose (terre, abitazioni, mulini) atte a garantire autosufficienza per ogni fase del processo di produzione e trasformazione del prodotto agricolo. Dalla terra si arriva fino ai mulini, attraverso gli stessi contadini che lavorano i fondi (offerta, questa, mai esplicita ma plausibile).
Per mezzo di espressioni specifiche i terreni vengono distinti a seconda della loro destinazione economica: ci sono i seminativi o destinati a colture arboricole ( i “campi”); ci sono gli arativi (le “bersurae bubaricae”); ci sono i vigneti suddivisi in “tabulae” certamente in riferimento alla loro disposizione geometrica e ordinata sul terreno.
Sarà importante notare poi, se le nostre identificazioni per i singoli fondi colgono nel segno, come anche topograficamente, le terre offerte alla diaconia, formassero in qualche caso un insieme di siti contigui: soprattutto nell'area degli antichi “ager faliscus” e Veientanus”; un altro insieme sembrerebbe configurarsi a ridosso delle mura a sud di Roma (dunque all'opposto rispetto alla posizione dei siti già citati), tra Trastevere e Porta Latina.
L'interrogativo fondamentale (che purtroppo non può avere risposta certa) sarebbe quello sul modo in cui queste donazioni interagivano con quelle grandi aziende agricole create nel suburbio dal papato altomedioevale: le domuscultae. In altre parole, è possibile ipotizzare che le donazioni ad una diaconia (rammentando il ruolo “annonario” di questi istituti in un certo periodo) fossero intese in modo da andare ad integrarsi nel sistema di produzione agricola gestito dalla Chiesa intorno a Roma? E inoltre, quali erano i vincoli e i rapporti amministrativi tra questi territori ?
Qualche spunto di risposta a questi interrogativi può venire proprio dalla nostra iscrizione che, per finire, mostra anche altri aspetti d'interesse: vi si fa menzione del personale addetto alla diaconia (i “diaconites”); viene ricordato l'uso della quotidiana celebrazione della Messa con relativa lettura del dittico così importante nel nostro contesto.
C'è poi l'esposizione così tipica dei motivi che Eustazio pone a giustificazione della sua donazione (il soccorso ai “pauperes Christi” e la richiesta di “venia delictorum” alla Vergine); la chiosa finale del testo, con la diffida verso coloro che volessero sovvertire le disposizioni stabilite.

mappa.gif

 

LE INDICAZIONI TOPOGRAFICHE E LE LORO POSSIBILI IDENTIFICAZIONI

FUNDUM POMPEIANUM”.
Due luoghi potrebbero essere identificati con quello citato nell'iscrizione.
“Fundum Pompeianum”: E' attestato con questo nome un fondo lungo la Via Labicana, presso l'attuale sito di Torrenova. Della zona parle un regesto di papa Gregorio II (715 - 731), a margine di un'assegnazione di terre ad una chiesa romana. E' probabile che allora come oggi, il luogo prendesse nome da una “memoria di Pompeo” (il c.d. “Pompeetto”) esistente sul posto.
“Fundum Pompenianum”: Il nome del fondo è attestato per il territorio di Nepi. L'identificazione con questo luogo è resa probabile (nonostante la lieve difformità del nome) considerando la giacitura topografica della maggior parte dei siti citati dall'iscrizione che si possono identificare con più certezza (vd. infra). Il fondo è citato in documenti del sec. X e XI . Nepi e il suo territorio divengono definitivo possesso papale a partire dall'anno 817 (donazione di Ludovico il Pio; cf. Liber Censuum, ed. Duchesne, vol.I, p.363).


TREA SCROFANUM”.
Si tratta di due siti che non presentano problemi per l'identificazione. Essi costituiscono un sicuro riferimento anche per collocare gli altri siti citati dall'iscrizione. Entrambi indicano il medesimo luogo.
“Trea”: Indica l'odierno fiume Treia che scorre a poca distanza dal Borgo di Sacrofano.
“Scrofano” (o Sacrofano): E' un luogo posto in un punto chiave per le comunicazioni tra la Via Cassia e Flaminia (attraverso l'Agro Veiente) che corrono pressocchè parallele in quella zona. Una bolla di papa Giovanni XIX (1024 - 1032) del 1027, cita una chiesa di S.Giovanni “in Scrofano” e costituisce il più antico documento (esclusa l'epigrafe che trattiamo) per la denominazione del sito.


FUNDUM MERCURIANUM”.
L'identificazione è fortemente incerta, ne offriamo tre di possibili. Due si avvicinano al luogo in questione per assonanza del nome ,ed una è offerta dal Tomassetti senza particolari spiegazioni e proprio in riferimento alla nostra epigrafe. Rimane da segnalare come la maggior parte delle identificazioni proposte, ricada nella zona maggiormente indiziata dai siti citati dall'iscrizione: ci troviamo nel territorio degli Agri Veiente e Falisco.
Ipotesi Tomassetti: Si basa sulla lettura di un passo della nostra epigrafe, la' dove si parla del fondo in questione, nel senso di “Fundum Mercurianum” ovvero “Campis” (accettando il primo toponimo come sinonimo del secondo). Identifica perciò questo fondo nella località di Schiaci sulla Via Ostiense (a circa dieci miglia da Porta S.Paolo).
“Fundum Merulanum”: Se ne può proporre un'ipotesi di identificazione, nonostante la difformità del nome rispetto al nostro. Il fondo è citato in due contratti di locazione risalenti rispettivamente agli anni 1229 e 1235.Il luogo è detto ricadente nel territorio di Sacrofano .
“Fundum Martinianum”: Anche in questo caso si tratta di un luogo nell'area della Via Cassia. Il sito è quello dell'attuale lago di Martignano e territorio ad esso circostante. Il toponimo è antico: una bolla di papa Sergio III (904 - 911) del 905, lo cita con precisione. Anche qui andrebbe ammessa una forma del nome dissimile presente sull'epigrafe.


FUNDUM AGELLI
Quattro siti sono indiziati per l'identificazione. Uno si trova sulla Via Aurelia; l'altro sull'Ostiense; un altro sulla Nomentana e l'ultimo dovrebbe coincidere col borgo di Formello sulla Via Cassia.
“Fundum Agellus”: Lo troviamo in un'area tra Malagrotta e Boccea, lungo la Via Aurelia. Nell'area dell'antica “domusculta Laurentum” fondata da papa Zaccaria (741 - 752). Il nome del fondo si trova citato in documenti del sec. XI relativi al monastero romano di S.Cosma in Mica Aurea.
“Casale Agelli”: E' ricordato da una bolla di papa Sergio III (904 - 911) del 905, che abbiamo avuto già modo di citare (vd. supra). Il terreno risulta confinante con il Casale di Rivo Petroso, sito a sei miglia dalla Porta S.Paolo (Via Ostiense).
“Agellus”: La Passio delle sante Agnese ed Emerenziana, risalente al sec. VI, sepolte in cimiteri della Via Nomentana, afferma che la prima avrebbe trovato sepoltura “in agello” e l'altra “in confinio agelli” .
“L'ipotesi Formello”: Due piste portano ad una identificazione del sito col borgo di Formello. Una è la lettura che del passo in questione della nostra epigrafe faceva il La Ragione nel senso di “Forum Lelli” per “Fundum Agelli”, ricavando una forma leggermente corrotta del toponimo. L'altra ipotesi si può ricavare dall'esistenza in Formello, dell'antica chiesa di S.Angelo: essa potrebbe aver tratto la sua denominazione dal toponimo tradito dall'epigrafe. Quanto alle vicende storiche del borgo intorno all'VIII secolo, recenti indagini archeologiche connesse al vicino sito della “domusculta Capracorum” e alle sue fasi di vita, inducono ad anticipare ( rispetto al periodo intorno al X secolo tradizionalmente accettato) il tempo della fondazione del borgo fortificato di Formello (e di altri consimili nelle vicinanze) fino alla metà del sec. VIII, forse in corrispondenza degli attacchi di Astolfo e Liutprando contro il Ducato di Roma.


FUNDUM ANTIQUUM
Identificazione abbastanza sicura. Abbiamo tre siti degni di segnalazione e cosa particolarmente importante, tutti gravitanti in un'area geografica che abbiamo riscontrato già indicata in altri casi. Siamo nel triangolo tra Nepi, Calcata e Monterosi.
“Fundum antiquum”: Nella stessa lista citata a proposito del “Fundum pompeianum” , presso Nepi compare anche il toponimo in questione (cfr. ivi).
“Fundum antiquum”: E' così definito un terreno nell'area della odierna Monterosi; citato nella Bolla di papa Innocenzo III (1198 - 1216) del 1211 , molto importante anche per altri territori del nepesino e del campagnanese. “Fundum antiquum”: Territorio circostante l'odierna Calcata, così indicato negli Annales Camaldulenses del X secolo. Inoltre il Bertolini vide nel nome un'allusione all'antico Ager Faliscus.


FUNDUM ARIANI
Il luogo non è mai stato identificato con alcun sito di Roma o del suburbio. Esso probabilmente ricade nell'area dell'attuale borgo di Lariano, lungo la Via Latina. A sostegno di questa ipotesi, nonostante il nome di Lariano non appaia in documenti anteriori al sec. XII, potrebbe stare il fatto che la nostra iscrizione menzioni la chiesa di S.Gordiano tra i suoi riferimenti topografici: ebbene, questa chiesa non solo è sita dal Bartolini all'inizio della Via Latina, ma potrebbe essere facilmente ricondotta al complesso di S.Gordiano ed Epimaco esistente nella medesima zona .
E' anche da considerare l'ipotesi del Tomassetti sulla possibilke origine del nome di Lariano da un antico “praedium arrianum” che si trovava in zona.


ALTRI SITI
Riguardo gli altri siti urbani e suburbani, citati dall'iscrizione (vd. ill. ) , essi non presentano problemi di identificazione. Ci troviamo nell'area delle vie Cassia e Flaminia a nord e delle vie Ostiense e Latina a sud.

 

Conclusioni

Nell'ambito del suo fondamentale (ancorchè datato) studio sulle diaconie romane, il Bertolini afferma: “Si ha l'impressione che, dagli ultimi anni del secolo VI, lo Stato, per quanto riguarda Roma, si preoccupasse più dei rifornimenti d'interesse militare che non di quelli d'interesse civile, lasciando alla Chiesa la cura di provvedere essa stessa alle necessità alimentari della popolazione cittadina”.
Da questa osservazione si può partire per cercare di porre in luce quegli elementi d'interesse che si colgono dall'esame dell'iscrizione di S. Maria in Cosmedin. Quanto affermava Bertolini apre infatti la via a diversi spunti di riflessione: uno, più immediato, è quello che conduce a riflettere sulle condizioni economico politiche della città di Roma e del suo territorio a partire dalla fine del secolo VI fino all'avvento dei franchi, ed alla conseguente rottura di una serie di annosi legami e prerogative di Roma rispetto all'ordinamento (o quanto ne rimaneva) imperiale; l'altro spunto è quello che ci porta a valutare con più attenzione ciò che sappiamo di un sistema di gestione della sfera primaria dell'economia che caratterizzava la Roma altomedievale così come quella antica, attraverso una rete di organismi atti alla capillare distribuzione di generi di sussistenza alimentare alle classi meno abbienti e un indotto strettamente legato ad essi, tale da costituire un sistema complesso per finalità e modalità di gestione.
Ciò che in entrambi gli indirizzi di riflessione riveste importanza (e riceve lumi da come riusciamo a ricostruire il dipanarsi delle cose) è naturalmente il ruolo della Chiesa , con le caratteristiche e le tappe di un sempre maggiore impegno nella sfera delle urgenze di carattere secolare dei suoi sottoposti.
Il codice giustinianeo offre vari esempi di casi in cui l'imperatore affidava a vescovi una fattiva collaborazione nel funzionamento dei servizi di una città , ed è quindi evidente che ciò che riscontriamo nella Roma di VII/VIII secolo prenda, nelle grandi linee, le mosse da tempi più antichi. Tuttavia quello che osserviamo come “fotografato” dalla testimonianza dell'iscrizione di S. Maria in Cosmedin, è il quadro di una compiuta sinergia tra poteri laico e religioso (con un margine di vantaggio del secondo, comumque) nell'ambito di un attivismo politico ed economico che si palesa con chiarezza per la Chiesa altomedievale di Roma.
Se siamo nel giusto nell'interpetrare l'iscrizione di S.Maria in Cosmedin, soprattutto dal punto di vista della possibile giacitura topografica della maggior parte dei siti che si riscontrano, ricaviamo alcuni elementi che possiamo inquadrare nel loro valore grazie all'ausilio di recenti studi sul Lazio altomedievale.
Innanzitutto l'evidenziarsi di due zone ben precise del suburbio romano, dove si raggruppano i nostri fondi, può essere facilmente messa in relazione con la viabilità altomedievale del suburbio stesso, oltre che con aspetti del riassetto delle proprietà fondiarie della Chiesa all'indomani della crisi iconoclasta . I fondi gravitano sull'asse della via di collegamento con il nord per eccellenza, costituita dall'Amerina; e su quell'altro fondamentale asse costituito dalle vie Ostiense/Portuense , verso Porto e il mare. Una circostanza che potrebbe non essere casuale, se pensiamo che le diaconie si caratterizzavano per la loro presenza in punti nevralgici della Città e a contatto con le direttrici, ivi compreso il Tevere, di penetrazione delle derrate.
I fondi agricoli offerti sarebbero così da intendersi, seguendo lo stesso ragionamento, non soltanto disposti strategicamente rispetto alle necessità di approvigionamento che andavano a soddisfare, ma molto probabilmente anche scientemente correlati con il resto della rete di produzione agricolo economica promossa dalla Chiesa stessa: ovvero la rete delle Domuscultae intorno a Roma.
Se pare accertato sulla scorta del Toubert , che una via via maggiore frammentazione dell'integrità delle donazioni fondiarie a istituti religiosi si riscontri in corrispondenza cronologica con i rivolgimenti longobardi e franchi prima a ridosso e poi all'interno del Ducato di Roma, nel senso che da quel momento le proprietà donate vanno sempre meno conservando un carattere unitario ed esteso sul territorio; nel caso testimoniato dall'epigrafe, avremmo una situazione che contraddice questo asserto solo in apparenza.
Infatti è vero che i fondi non sono mai di grande estensione; e che non si evidenzia con certezza la loro pertinenza ad unità territoriali anch'esse di grande estensione; è però altrettanto vero che, se andiamo a verificare le possibili identificazioni topografiche, ci troviamo comumque all'interno di un paio di zone ben distinte (supra). Inoltre in molti casi, si esprime la donazione di fondi insieme agli immobili che su di essi insistono (ed è lecito ritenere che le case ospitassero i contadini): il che configurerebbe una sorta di fisionomia autosufficiente (riguardo le varie fasi dellka produzione agricola) in qualcuno dei casi.
Si tratta di un'ipotesi; che può essere posta in valore da quel fenomeno tipicamente medievale che è l'economia di tipo curtense e che vediamo in atto in epoche poco posteriori quella di cui ci occupiamo. Nell'agro romano dell'VIII secolo, per vari motivi di ordine politico ed economico legati alla singolarità della situazione romana e del papato che sempre più si configura come “dominatus”, ne avremmo la prefigurazione.
Domuscultae e fondi rustici donati da privati, spesso a conduzione autarchica, si amalgamano a costituire un sistema che indizia della sua efficienza proprio per il fatto di rivelarsi gravitante intorno alle principali vie di approvigionamento dal territorio verso la Città, e soprattutto nel far capo a quei collaudati organismi con implicazioni di carattere annonario che appunto sono le diaconie.
 

FINE

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