I fattori del mutamento linguistico
A cura di C. Lupini
INTRODUZIONE
II problema dell'origine delle parole è generalmente
affrontato tramite l'etimologia. Però la ricerca etimologica è stata
condotta in maniera differente a seconda dei campi linguistici. Tipico,
a questo proposito, il contrasto tra studiosi di lingue indoeuropee e
studiosi di lingue romanze: quest'ultimi considerano come termine ultimo
dei loro studi il latino, quindi si accontentano di far risalire a
questa lingua (od eventualmente al celtico o al germanico) i vocaboli
delle lingue romanze per considararne risolto il problema, facendo
eccezione per quelle parole che risalgono a lingue prelatine.
Gli indoeuropeisti, invece, non avendo a disposizione una fase
linguistica antica altrettanto nota, cercano mediante il confronto con
altre lingue, di determinare l'esistenza delle cosiddette radici e di
scoprirne il concetto primario che sta alla loro base, di scoprire
perchè un termine ha avuto più fortuna rispetto ad un altro ereditandone
il significato. Per portare avanti una simile ricerca, la condizione
prima è un' esatta comprensione dei rapporti fonetici e morfologici, ma
soprattutto, di quei problemi semantici e di quelle circostanze in cui
si sviluppa la vita delle parole. Facciamo un esempio: in latino abbiamo
COXA "anca", FEMVR "coscia", CRVS "gamba". Ma CRVS, poco integrato nel
sistema linguistico, viene sostituito nel latino parlato da PERNA che in
latino significava "cosciotto di porco" o da un altro termine CAMBA che
appare solo nel IV sec. e che si ricollega al greco
[kampé] "articolazione della zampa del cavallo" usato soprattutto
in veterinaria (questa introduzione di termini grossolani è tipica del
tardo impero). Nello stesso tempo COXA cede il posto al germanico HANKA;
la causa di questo spostamento è da ricercarsi nella situazione in cui
si era venuto a trovare il latino FEMVR "coscia" che era diventato
omofono di FIMVS "concime" che, sotto l'influenza di STERCVS, -ORIS, era
diventato FEMVS, -ORIS. Quindi per evitare FEMVR, il cui uso era
diventato impossibile, si ricorse all'appellativo che designava la parte
piu' vicina al corpo, cioè COXA che, da quel momento in poi, indicò la
zona che va dall'anca al ginocchio.
Ricapitolando: CRVS "gamba" viene scacciato da GAMBA (italiano gamba,
francese jambe) e da PERNA (spagnolo pierna, portoghese
perna); COXA "anca" viene scacciato da ANCA (francese hanche,
italiano, spagnolo e portoghese anca) però prende il posto di
FEMVR "coscia" (italiano coscia, francese cuisse,
portoghese coxa) e FEMVR rimane come termine specialistico "osso
della coscia".
Un'altro esempio per cui una parola si sostituisce ad un'altra è dato
dal verbo FERIO che in latino significava "colpire", ma la sua natura di
verbo difettivo lo rese poco usato nel suo significato originario e
venne sostituito da BATTVO "batto" e PERCVTIO "percuoto", intanto
prendeva il posto di VVLNERARE nel nuovo significato di "ferire". In
italiano il verbo derivante dal latino FERIO mantiene il suo originale
significato nella locuzione "senza colpo ferire" ed il qualche verso
della Divina Commedia.
Uno dei più chiari esempi di mutamento linguistico è
il mutamento fonetico, facilmente individuabile nel gruppo delle lingue
indoeuropee perchè:
1) le consonanti occlusive sorde (p, t, k) di lingue remote sono
parallele alle consonanti spiranti sorde germaniche (f, th, h); esempi:
latino pes, pedis, greco
,
inglese foot, tedesco fuss.
2) le consonanti occlusive sonore (b, d, g) di antiche lingue sono
parallele alle occlusive sorde germaniche (p, t, k); esempi: latino
genus, inglese kin.
3) certe consonanti aspirate e spiranti delle lingue antiche sono
parallele alle occlusive sonore e alle spiranti germaniche: dove il
sanscrito ha "bh", il greco "ph" il latino "f" (ma solo in posizione
iniziale), il germanico ha "b" e "v".
Quale sia la causa del mutamento fonetico non è molto
chiaro: forse è indipendente dalle caratteristiche semantiche ed è un
puro fatto di abitudini articolatorie, oppure le forme deboli dal punto
di vista semantico tendono anche all'indebolibento fonetico e spesso
all'alterazione semantica (sanscrito nabhas "nube", ittito nepis
"cielo"). Probabilmente ciascuna di queste teorie contiene una parte di
verità. Non possiamo però affermare che cosa significhi semanticamente
debole, ma se consideriamo una lingua come un'organismo composto da uno
strato semantico ed uno fonetico dove vige una continua opposizione tra
i vari segni, dobbiamo pur ammettere che entrambi possono essere tanto
indipendenti quanto interdipendenti.
Secondo una teoria poco accreditata, il clima stesso potrebbe
contribuire, in una certa misura, ad alterare le parole di una lingua:
ciò spiegherebbe in parte perchè in climi freddi, per tenere la bocca
aperta il meno tempo possibile, si parlano lingue ricche di consonanti e
povere di vocali, con parole di poche sillabe (come le lingue scandinave
e quelle eskimo-aleutine), e in climi caldi si trovano lingue
caratterizzate da parole più lunghe, ricche di vocali e foneticamente
meglio articolate (lingue romanze, greco, arabo, indiano...).
Il mutamento fonetico e la conseguente modificazione della morfologia e spesso della sintassi sono la base per la formazione di nuove lingue; ogni lingua indoeuropea, infatti, pur avendo avuto una propria storia evolutiva, tuttavia presenta parole riconducibili ad un' antica lingua comune o, più verosimilmente, ad un insieme di antichi dialetti molto simili tra loro. Il quadro qui di seguito riportato mostra il grado di parentela tra le varie lingue indoeuropee:
Si noti la somiglianza, fra le lingue prese in esame, delle parole "fratello" e "madre" risalenti rispettivamente alle radici *bhratr e *matr:
latino frater - mater
greco fratér - metér
tedesco bruder - mutter
russo brat' - mat'
sanscrito bhratr - matr.
FATTORI DEL MUTAMENTO
SCARSA CONSISTENZA FONETICA
La parola, per rispondere alla sua funzione di evocare alla mente
un'idea o in'immagine, deve essere costituita da un gruppo di suoni ben
distinto e non facilmente confondibile con un gruppo di suoni simili ma
appartenenti ad un'altra parola recante un diverso significato. Più una
parola è munita di un corpo fonetico caratteristico, più è adatta a
resistere al contatto con altre parole coeve. I monosillabi, ad esempio,
si rivelano come tra gli elementi più fragili del lessico: le parole
latine VIS, RES, DIES, MAS, OS vengono sostituite da parole di maggiore
consistenza fonetica e rispettivamente da FORTIA ("forza"), CAVSA
("cosa"), DIVRNVS ("giorno"), MASCVLVS ("maschio"), BVCCA ("bocca");
basti pensare altrimenti ad esempio alla confusione che si era creata
tra OS, -SSIS ("osso") e OS, -RIS ("bocca").
Un esempio interessante di questo processo è costituito dal verbo latino
EDERE "mangiare": infatti si tratta di un verbo che presenta forme
facilmente confondibili con quelle del verbo ESSE "essere" ed in
paricolare la II e la III persona singolare del prente indicativo: EDO,
ES, EST e SVM, ES, EST. Una simile confusione, in una lingua, ha breve
vita e col tempo la parola che crea confusione o viene sostituita (come
nel caso dell'italiano mangiare e del francese manger entrambi derivanti
da MANDVCARE) o viene integrata con un elemento che la rende
inconfondibile (come nel caso dello spagnolo comer derivante da
COMEDERE).
OMOFONIA
Spesso si danno casi in cui lo stesso mutamento fonetico crea in una
lingua dei doppioni, uno dei quali finisce per essere eliminato e
sotituito da un altro termine, come nel caso della lingua guascone in
cui il latino GALLVS divenne in epoca medievale gattus e si confuse con
l'altro gattus (il felino). Situazione espressiva insostenibile,
soprattutto nell'ambito rurale che pone rimedio chiamando il gallo "il
vicario". La fantasia aveva qui avvicinato la cresta rossa del gallo con
il copricapo rosso del vicario. Nata per un capriccio espressivo, la
creazione metaforica scherzosa assume, nel momento di crisi lingustica,
una paricolare funzione chiarificatrice.
TERMINI MOTIVATI E IMMOTIVATI
Sovente accade che alcune parole, portanti originariamente la loro
giustificazione semantica, abbiano perduto sia per l'evoluzione fonetica
sia in seguito ad un cambiamento di senso, ogni rapporto con il
contenuto che esse rappresentano, per diventare, secondo l'espressione
di Saussure, semplici formule, segni arbitari. Per esempio: il termine
"luna" che dal punto di vista sincronico motiva molti altri termini come
"lunatico", "lunare", appare immotivato anche se originariamente non lo
era ("luna" infatti è una contrazione di *loucsna "la lucente"
derivante lalla radice indoeuropea *leuk- "brillare").
Un'altro esempio: il termine "omaggio" (francese hommage) foneticamente
derivato da HOMINEM con suffisso "-age" (risalente ad ATICVM), era in
origine un termine motivato in quanto HOMAGIVM era il SERVITIVM SEV
OBSEQVIVM QVOD HOMO SEV CLIENS VEL SERVVS PRAESTARE TENETVR. Nella
cerimonia dell'omaggio il vassallo pronunciava una formula che più o
meno suonava così: DEVENIO HOMO VESTER, in francese antico "jeo deveigne
vostre home", ma le donne per evitare il doppio senzo a cui si prestava
"femme" (donna e "moglie") dicevano "jeo face a vous homage".
Spesso può anche accadere che un termine immotivato diventi motivato ad
opera di un accostamento secondario che il parlante opera e che prende
il nome di etimologia popolare.
ETIMOLOGIA POPOLARE
L'etimologia popolare, detta anche paretimologia, può essere definita
come il bisogno del parlante di far coincidere, il più esattamente
possibile, una parola di non chiara etimologia con il concetto che essa
esprime; facciamo qualche esempio: il termine olandese "stokvis"
indicante il pesce ("vis") messo a seccare sulla legna ("stok") è
entrato in italiano modificandosi in "stoccafisso" e acquisendo con quel
"-fisso" un'altra idea: quella della caratteristica rigidità del cibo
messo a seccare.
Ancora un esempio: Il Mar Nero si chiamava in greco
[póntos eúxeinos] (eú- "buono", xeinos "ospitale") quindi "che è
ben disposto nei confronti dell'ospite". Ma già alcuni personaggi della
letteratura greca, come Pindaro ed Euripide, sapevano trattarsi,
all'epoca, di una neoformazione abbastanza recente e che prima il
termine era
[póntos áxeinos] (á- "non", xeinos "ospitale") quindi mare
inospitale. Questo nome, attraverso varie vicende, era derivato ai greci
dai persiani presso i quali
[axshaina] voleva dire "nero", ma essi interpretarono il termine
come áxeinos cioè "inospitale" e sicuramente per scaramanzia lo
mutarono in eúxeinos cioè "ospitale" .
In epoca medievale, per motivi puramente scaramantici, si disse
"bonaccia" (in italiano, il mare piatto e l'assenza di vento)
sostituendo il più logico "malaccia": termine che erroneamente si faceva
discendere dalla parola "male", caratterizzante così in senso negativo
il termine stesso; mentre, al contrario, sarebbe stato corretto
etimologicamente intendere il termine "malaccia" come giustamente
derivante dalla forma greca latinizzata malakía cioè "mollezza".
TABUIZZAZIONE
L'opinione in base alla quale il nome accompagna la cosa o la persona e
addirittura fa tutt'uno con essa, è tipica dei popoli primitivi. Nei
tempi più antichi, quando gli uomini vivevano in stretta dipendenza dai
loro dei e da un mondo magico e per certi aspetti misterioso, si credeva
che la conoscenza dei vocaboli conferisse un reale potere sulle cose e
sugli uomini e che pronunciare un certo nome potesse scatenare una
reazione soprannaturale, per cui lo si dichiarava tabù (tabù è
una parola di origine polinesiana) e si cercava di nascondere il termine
vero con un termine fittizio.
Gli studi di antropologia culturale offrono dati interessanti in merito:
per gli indiani d'America il nome è parte integrante dell'individuo
nella stessa misura in cui lo è un braccio o un occhio; gli aborigeni
australiani rivelavano il nome dei figli solo al momento
dell'iniziazione e poi veniva dimenticato per usarne uno secondario;
presso i Cafri le donne non potevano pronunciare certi nomi e ciò
comportò una modificazione nel linguaggio delle donne tanto da
costituire una lingua quasi distinta; generalmente anche i nomi dei
morti sono sottoposti alle leggi del tabù.
Lo stesso accadde nei paesi latini in epoca medievale alla parola
mustela, che essendo tabù venne sostituita da donnola cioè
"piccola signora" (*dominula diminuitivo del latino DOMINA).
ACCIDENTI GENERALI
I cosiddetti accidenti generali sono delle modificazioni casuali o
costanti delle parole e vengono classificati secondo lo schema seguente
(mi limiterò a portare esempi relativi alle sole lingue romanze):
ACCIDENTI DI SEGNO POSITIVO
PROSTESI (aggiunta all'inizio); esempio: latino scala > latino
tardo iscala
EPENTESI (aggiunta all'interno); esempio: latino tardo crisma >
italiano crésima
EPITESI (aggiunta alla fine); esempio: latino tu > calabrese
tuni
ACCIDENTI DI SEGNO NEGATIVO
AFERESI (eliminazione all'inizio); esempio: latino historia
> italiano storia
SINCOPE (eliminazione all'interno); esempio: latino tabula
> francese table
APOCOPE (eliminazione alla fine); esempio: latino caritatem
> italiano carità
ALTRI
ASSIMILAZIONE (ripetizione di un suono); esempio: latino facto
> italiano fatto
METATESI (trasposizione di un suono); esempio: latino populus >
latino volgare ploppus
DISSIMILAZIONE (differenziazione di un suono); esempio: latino flagellum
> latino volgare fragellum
In conclusione è importante fare questa considerazione: in una lingua, come in ogni altro sistema semiologico, è importante che un segno si opponga agli altri e non crei incomprensioni; analogamente, in una scacchiera, non importa quale segno rappresenti il re, l'importante è che esso si distingua dagli altri pezzi.
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