Melicuccà (Reggio Calabria) e dintorni
A cura di C. Lupini
Il centro abitato di Melicuccà si estende per 17 km q ed
è popolato da circa 1214 abitanti; è posto alle falde della dorsale
costiera sul fianco sinistro della valle del torrente Torbido
all'altezza di circa 270 metri, è raggiungibile tramite una strada
interna che parte dallo svincolo S.Elia-Melicuccà sull' autostrada
Salerno-Reggio Calabria (uscita) e tramite la strada statale 18 tra
Bagnara Calabra e Palmi.
Il paese fu dotato durante il ventennio fascita di una linea ferrata a
scartamento ridotto, l' ex Calabro-Lucana, che collegava Gioia Tauro a
Sinopoli, attraversando anche i centri di Palmi, Seminara e S. Eufemia,
oggi resa inutilizzabile grazie alla cecità e alla mancanza di
lungimiranza delle amministrazioni della zona.
L'abitato fu danneggiato nel corso del sisma del 1783, tuttavia,
nonostante l'opera di ristrutturazione portata avanto sotto il fascismo
che progettò e realizzò anche un nuovo quartiere a nord del paese ('u
Feu), nel tessuto urbano si conservano ancora tracce di edifici
medievali e seicenteschi: la torre quadrata del castello (costruito nel
951 d.C. da Costantino VII di Bisanzio), mensole e balconi del seicento
lungo la via Fontana della Terra, un portale di gusto barocco, la Chiesa
parrocchiale di S. Giovanni Battista con le belle architetture romaniche
(1496) che custodisce una tela del 1600 raffigurante la Madonna degli
Angioli.
Ad un chilometro dal centro si trovano sia le grotte (risalenti
all'epoca terziaria) di Sant'Elia Speleota (che vi giunse nel 903 d.C.),
sia il convento basiliano ove è stata rinvenuta la tomba di un monaco
dell'epoca e, da quanto ho sentito dire,
dei
mosaici che ora sono stati asportati.
Il centro ha origini bizantine e sembra risalire al 650 d.C., ma fu
separato dalle aree grecofone solo a partire dal XVI secolo circa.
Melicuccà appartenne dapprima ai Benedettini di S. Eufemia del Golfo,
l'Ordine Gerosolimitano lo acquistò nel 1445 comprendendolo nella
Commenda di Drosi. Il suo nome originario, Grecìa, fu
mantenuto sino al 1700, ma da questa data in poi assunse l'attuale
denominazione. Riguardo al nome del paese si propongono due etimologie:
alcuni del luogo sostengono che Melicuccà sia una
deformazione del latino melis conca e forse lo stemma del
Comune, dove sono visibili delle api che volano su una coppa di miele,
deriva da questa etimologia che in realtà è falsa; il nome deriva con
ogni probabilità dal greco
μελίκοκκος
'bagolaro', un albero (Celtis australis) che evidentemente
cresceva in abbondanza nella zona.
Nel 1807, a opera dei Francesi, divenne Luogo di S. Eufemia di Sinopoli.
Tra il 1811 e il 1841 appartenne ai circondari di Palmi, di Bagnara e
infine di Seminara.
Melicuccà tra gli anni 1930 e 1970 fu teatro di una forte emigrazione di
popolazione verso le città industriali del Nord Italia, le Americhe e
l'Australia.
GALLERIA FOTOGRAFICA
Piazza Ardenza con al centro la splendida fontana d'epoca fascista, ora purtroppo smontata.
L'attuale fontana col basamento nuovo e la vecchia vasca acquatica appartenente alla precedente fontana
Statua in marmo della Madonna risalente al 500 conservata nella chiesa di Maria S.S. Assunta
La grotta di S. Elia Speleota
L'arrivo dello Speleota alle grotte di
Melicuccà coincide con un episodio di recrudescenza delle invasioni
saracene sulle coste della Calabria reggina, nel corso delle quali viene
distrutta Taureana, sede vescovile. Le popolazioni costriere si spostano
all'interno (Seminara).
Il complesso delle grotte di S. Elia Speleota, con i resti del contiguo
cenobio basiliano e delle frabbriche annesse (cantina, mulino,
necropoli, palmento, etc.), risalenti al X secolo, rappresente oggi una
delle più cospicue testimonianze archeologiche della grecità bizantina
nella Calabria meridionale.
La grotta grande
Sulla destra v'è una specie di acquasantiera in pietra che raccoglie l'acqua che gocciola da una vena che giunge proprio all'interno della grotta. Questo fatto ha già del prodigioso, data la struttora geologica del luogo: la sorgente detta "acqua del giardino di S. Elia" è molto più a valle, e nei secoli si è abbassata continuamente lungo la scarpata. Invece l'acqua della grotta continua ininterrottamente a gocciolare con un ritmo costante e quasi matematico!
Altri particolari del complesso:
Queste piccole concavità scavate
sulla parete sembrano essere mensole per posarvi dei lumi
La grande grotta fu visitata dal vescovo di Mileto Filippo Mincione nel 1855; l'avvenimento fu immortalato da una lapide posta sul fondo della speloca. Il vescovo visitò devotamente la grotta e promosse lavori di restauro; a ricordo dell'evento fu apposta la seguente iscrizione riprodotta sotto a sinistra e trascritta a destra:
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