CARMELO LUPINI HOMEPAGE

Articoli  Torna all'archivio / Back to archive

La dottrina encratita

A cura di C. Lupini

Delle varie dottrine di tipo gnostico sorte in seno al cristianesimo antico, quella encratita (dal greco enkráteia 'padronanza di sé') sviluppò notevolmente l'ideale ascetico della continenza, già predicato anche da Marcione. Nella loro proclamazione all'agamía e, soprattutto, nell'avversione alla procreazione, gli encratiti mostrano di disdegnare ten archaian plasin, vale a dire l'originaria plasmazione dell'uomo e della donna compiuta da Dio in vista della procreazione. L'atteggiamento encratita tende alla svalutazione dell'opera creatrice di Dio, con particolare riferimento alla struttura fisica della donna, essere tipicamente materiale e terreno, attrezzato per produrre altra materia.
L'uomo, a differenza della donna, avendo un ruolo secondario e non diretto nella procreazione e quindi più lontano dal mondo della materia, ha la possibilità di astenersi più facilmente dal gamos, (unione sessuale) inteso come porneia (prostituzione) e fthorá (rovina), e di accedere più facilmente alla sfera divina; questo è uno dei motivi per cui viene spesso affermato che una donna, per ottenere un così alto risultato, debba prima, metaforicamente, farsi uomo.
La struttura dualistica di siffatta dottrina antropologica emerge nettamente anche dalla contrapposizione fra il livello spirituale e divino della sostanza pneumatica immessa nell'uomo, e il livello demiurgico (inferiore e vicino alla materia) nel quale si opera la complessa formazione della creatura umana: dall'unione dei due elementi risulta la qualità tipica dell'uomo, materiale e mortale per un verso ma immortale per l'altro; sarà compito del Cristo far prendere coscienza all'uomo di quel quid divino che lo libererà dalle catene della materia, che è opera di divinità inferiori o demoni identificati negli dei del paganesimo.
La vittoria sul peccato è vista allora come rifiuto della pratica matrimoniale che dovrà comportare l'abolizione del ciclo generazione – corruzione – morte. Il primo passo da compiere in questo senso sta nella volontà di non mettere al mondo altri infelici e di non offrire "nutrimento alla morte" (Clemente). Tale presa di posizione trova fondamento nel Vangelo secondo gli egiziani nel passo in cui Salome chiese al Signore fino a quando la morte prevarrà ed egli rispose: “fino a che voi, donne, continuerete a generare. Allora l'azione del Salvatore si configura come un "distruggere le opere della donna" strumento primario della generazione che è dominio della morte. Dagli aspetti sopra enunciati emerge chiaramente l'idea di disprezzo per quelle donne che danno prova chiara di incontinenza avendo generato parecchi figli e l'esaltazione del carattere verginale e insieme "angelico" (parthenía) come presupposto essenziale per una vita volta alla contemplazione del divino. Tra le giustificazioni dotrinali dell'atteggiamento encratita, bisogna annoverare l'imitatio Christi; gli adepti, infatti, proclamavano la volontà di seguire le orme del Salvatore, "il quale non si è sposato né ha acquistato nulla nel mondo". Ciò induce ad un rifiuto radicale del gamos mentre persistono le altre indispensabili attività fisiologiche, quali il mangiare ed il bere. (Oratio ad Graecos). La pratica delle nozze, in quanto istituzione diabolica, viene ad identificarsi nella trasgressione dei protoplasti (Adamo ed Eva) che ha comportato la perdita di equilibrio tra anima e spirito facendolo precipitare "capovolto" nel mondo caduco della materia, e capovolgendo la prospettiva iniziale, cambiando la destra in sinistra, i beni apparirono mali e i mali beni.
In questa visione dualistica non si contrappongono due dei dalle qualità opposte, ma piuttosto due regimi che si caratterizzano l'uno per la trasgressione adamica che, sotto l'impulso diabolico, ha inagurato lo scellerato ciclo nozze – generazione – corruzione e morte, e l'altro per l'opera redentrice del Salvatore, che restaura il primitivo equilibrio di anima e spirito in un corpo, si materiale, ma "tempio" di una intensa attività spirituale e contemplativa. Sempre nel Vangelo degli Egiziani il Salvatore, rispondendo a Salome, afferma che la morte cesserà quando “i due diventeranno uno e il maschio con la femmina, non vi sarà né maschio né femmina”. L'anima allontanandosi da questo stato in cui si distingue il maschio e la femmina, “è condotta all'unità, poiché essa non è né l'uno né l'altra” (Clemente); la degradazione avviene nel momento in cui si viene a instaurare il regime del gamos (nozze) che sancisce la perdita dell'integrità ed unità originaria. Pur ammettendo che i corpi maschile e femminile siano adatti alla procreazione da sempre, non è motivo sufficiente a ritenere che Dio stesso abbia concesso la pratica dell'unione carnale, perchè tali corpi fanno parte del regno della materia, fallace e dominato dal male; inoltre l'unione sessuale appare come assunzione di una qualità "brutale o animale", estranea alla natura dell'uomo. Quindi l'astensione dalle nozze, annullando le distinzioni sessuali, è condizione primaria per favorire il ritorno alla primitiva unità; è tesi che trova conferma anche nell'affermazione di Gesù: “Beati i solitari e gli eletti, ché voi troverete il regno” (Vangelo di Tommaso), e ancora come reazione alla perdita di conoscenza da parte di Adamo che, cadendo capovolto cambiò la sua prospettiva scambiando la destra con la sinistra, il bene col male: “se non metterete la sinistra alla destra e al contrario, non entrerete nel mio regno” (Atti di Filippo). A ciò segue l'esortazione ad imitare il suo esempio: “siatemi dunque, fratelli, imitatori in tale forma”, nell'unione col divino, l'unica vera, incomparabile, proveniente dal cielo.

Torna all'archivio / Back to archive


´